BREVE STORIA LETTERARIA (E
MAGICA) DELLA SALAMANDRA
(Monte Olimpo, Grecia)
Il sentiero corre ripido giù
dalle pendici nebbiose del massiccio. Scendendo dal Monte Olimpo il
pensiero va alla carica mistica e mitologica che questo luogo ha
sempre ispirato nella mente degli uomini. Qui generazioni di greci
hanno immaginato la patria delle divinità, qui hanno inizio o si
svolgono la maggior parte di quelle storie che sono entrate a far
parte della mitologia e della pratica religiosa del mondo
Mediterraneo dando origine alla nostra cultura. Non è difficile
immaginare perché proprio qui. La cima dell’Olimpo è quasi
perennemente coperta da bianche nubi, fitte nebbie scendono a banchi
tra i pini loricati balcanici e mentre coprono completamente Myticas,
la vetta che abbiamo da poco lasciato, immergono le gole e le foreste
più sotto di un’atmosfera magica e solenne. Una tenue pioggia
rumoreggia sulla roccia, sull’erba, sugli aghi raccolti a
grappoli dei pini. Ancora più a valle ruscelli impetuosi si
ingrossano e corrono veloci precipitando in cascate dal suono
armonioso. Questo luogo così sospeso tra le nebbie del tempo è
pieno di vita, anche se tutto sembra immobile, iniziato un tempo
remoto e ancora all’inizio. La vita si risveglia tra le umide rocce
e veloce traversa il nostro sentiero una splendida salamandra
pezzata. Guizza con fare interdetto (siamo noi gli intrusi)
inconfondibile nel suo corpo nero chiazzato di macchie gialle ben
evidenti. I colori sgargianti sono il suo monito ai malintenzionati:
sono tossica, non mangiatemi. E tossica lo è veramente, visto che
secerne da apposite ghiandole una sostanza fortemente irritante per
le mucose. Poi ne scorgiamo un’altra, più sotto un’altra ancora,
sembra si siano date appuntamento per un flashmob.
Rimango attonito, non ne
avevo mai viste così tante e mentre osservo da vicino la bellezza
della colorazione di questi esserini inizio a studiare la sensazione
che cresce nella mia testa di aver già avuto a che fare con questa
stupenda creatura, ma dove? Rimango per tutta la discesa con quel
pensiero fisso nella testa: dove?dove? Poi all’improvviso, con quel
sorriso tutto mentale che si ha quando un pensiero che nasce
indistinto si trasforma in un “ma dai!”, ricordo. Qualche tempo
prima ero incappato nei racconti di un certo Ernst Theodor Amadeus
Hoffmann, scrittore/musicista dell’ottocento fuori di testa che mi
avevano colpito per assurdità e originalità. In uno di questi, Il
vaso d’oro, il protagonista si trovava invischiato in una
faccenda magico/alchimistica che si conclude con la scoperta di aver
avuto a che fare, fin dall’inizio della storia, con uno stregone
che in realtà è….una salamandra. Ma perché proprio una
salamandra? Perchè non un drago o un unicorno? Me lo ero chiesto già
durante la lettura di quel libro che poi ho perso e mai più trovato.
Nel racconto si evince perfettamente che la salamandra è rivestita
di una carica magica, un animale simbolo di un’antica tradizione.
E tornando indietro del tempo scopriamo quanto questo esserino
apparentemente umile abbia ricoperto nei secoli una veste
importantissima. Hoffman aveva probabilmente attinto ad tradizione
alchemica. Secondo questa tradizione, attiva fino al 1700, le
salamandre erano associate a mitici esseri chiamatati elementali del
fuoco e per questo presi a simbolo del processo alchemico di
calcinazione (riscaldamento ad alta temperatura per il tempo
necessario utile ad eliminare tutti gli elementi volatili in una
sostanza). Ecco che il nostro simpatico anfibio, che troviamo sempre
in luoghi umidi e con presenza di acqua viene sorprendentemente
associato al fuoco. Ma perché?
Bisogna
andare molto indietro nel tempo per trovare tracce della nascita di
questa fortuna e comprendere un po' la genesi di questo strano
accoppiamento. In epoca medievale questa tradizione aveva preso già
piede, tanto che un fine e onesto osservatore come Marco Polo,
avendo viaggiato nel lontano oriente e avendo visto di persona tante
e tante cose, ne Il
Milione
si sentiva in dovere di spiegare un malinteso, parlando
di un tessuto fatto con l’amianto e quindi resistente al fuoco,
spesso
confuso con l’animale:
“e queste sono le salamandre, e l’altre sono favole”. A
smentire evidentemente la credenza diffusa che le salamandre fossero
animali in grado di resistere al fuoco. Ed effettivamente in quegli
anni questa idea era piuttosto diffusa se il quasi contemporaneo
Brunetto Latini, grande intellettuale, ma non esattamente uno
scienziato scriveva, nel suo Li
livres dou tresor
(metà del 1200): “E sappiate che la salamandra vive in mezzo alla
fiamma del fuoco senza dolore e senza danni al suo corpo, ma spegne
il fuoco grazie alla sua natura”. Abbiamo
aggiunto quindi un notevole dettaglio, ossia che non solamente la
salamandra vive nel fuoco, ma riesce a spegnerlo. Un ulteriore
tassello di questa storia si ritrova qualche anno prima. Siamo
nell’XI secolo e una misteriosa lettera arriva nelle mani
dell’imperatore bizantino, di Federco II di Svevia e anche del
Papa. In questo manoscritto un misterioso Re, governante
di un altrettanto misterioso e sconosciuto paese cristiano posto
lontano in Asia, alle spalle della parte del mondo musulmano e che
si firma Prete Gianni, chiede
di aprire vie diplomatiche con l’Europa cristiana e descrive i suoi
fantastici possedimenti traboccanti di meraviglie. Tra queste “…
vicino alla zona torrida vi sono dei vermi che nella nostra lingua si
chiamano salamandre. Questi vermi possono vivere solo nel fuoco e si
circondano di una sorta di pellicola, come gli altri vermi che
producono la seta. Questa pellicola è lavorata con cura dalle donne
del nostro palazzo e ne ricaviamo vesti e panni per tutte
le necessità della nostra eccellenza. Questi panni si lavano solo in
un fuoco che arda violento”. In questo caso la nostra povera
salamandra è diventata
addirittura un verme, ma rimane ben salda l’opinione che
viva nel fuoco. Ma non bisogna credere che questa idea sia nata
nelle lontane lande mitiche dell’Asia. Anzi è molto probabile che
si sia diffusa lontano attraverso la cultura classica greca e latina,
visto che già in epoca romana l’onnipresente Plinio il Vecchio,
nella sua Storia
naturale
ci spiegava che la salamandra “è tanto fredda che al suo contatto
il fuoco si estingue non diversamente dall’effetto prodotto dal
ghiaccio”. Quindi
in origine non vive nel fuoco, ma la sua straordinaria (e del tutto
falsa) resistenza al fuoco ha dato adito a farle
prendere residenza tra le fiamme, credenza
diffusa nel medioevo e ripresa poi in chiave simbolica con l’avvento
dell’alchimia, fino ad essere utilizzata nei racconti fantastici
dell’800.
Guardo
di nuovo il piccolo animale che fuggendo si dirige verso il bordo del
sentiero per cercare di nuovo il ruscello, suo habitat naturale.
Quanta storia e quante storie si porta dietro inconsapevole. Pagine
di mito, scienza, favola e credenze scritte in suo onore. Migliaia di
anni di stupore, migliaia di occhi che nel tempo lo hanno osservato
favoleggiando sulle sue capacità. Un omaggio al mondo che ci
circonda che non ha mai finito di meravigliarci anche con gli esseri
più piccoli e meno appariscenti, di cui, almeno per me e per oggi
tu, piccola salamandra sei il simbolo perfetto.