domenica 23 gennaio 2022


 

Orione e il mondo antico: il tempo e lo spazio



 Per tutto il tempo che ho vissuto a casa con i miei uno dei ricordi più vividi nella mia memoria sono le fredde serate invernali passate fuori con gli amici. Ogni notte il rientro a casa era salutato, per tutto l’inverno, dalla presenza silenziosa, solida, enorme della costellazione di Orione, che mi attendeva proprio in cima alla salita del giardino. Per anni, immancabilmente ho alzato lo sguardo ogni notte per cercarlo. Quella fermezza e certezza aveva la capacità di placare il mio cuore scombussolato dal clamore giovanile. Non importa se avessi litigato con la ragazza, preso una fregatura da un amico, o bevuto troppo lui a fine serata era là, placido, immobile, saldo ad attendere il mio ritorno.

Anche se da quando sono andato via di casa Orione non mi attende più alla fine della salita, ho sempre continuato a cercarlo nel cielo ovunque mi trovassi. E stanotte non è diverso; cammino silenzioso nella fredda sera dell’Altopiano e lentamente, da dietro le scure colline alla mia destra inizia a fare capolino la sua mole imponente. In poco meno di un’ora è già visibile l’intera costellazione e spicca brillante dalla parte opposta del cielo del Grande Carro. E’ forse la costellazione più facile in assoluto da individuare durante le chiare serate invernali. E ho sempre trovato di grande conforto il pensiero che quel cielo, quelle stelle, quegli ammassi sono (più o meno) gli stessi che hanno guardato gli uomini di ogni tempo. La mia adolescenza e chissà quante altre adolescenze prima e dopo di me. Uno sguardo verso l’alto durato millenni. Ma mentre per i nostri contemporanei è una presenza quasi insignificante in un cielo pieno di stelle che spesso facciamo anche fatica a vedere, complice l’inquinamento luminoso, o al massimo un caso di studio scientifico per addetti e appassionati astrofili, nelle epoche remote (ma neanche poi così tanto), Orione è stato un protagonista assoluto delle vicende umane. Tanto importante, sotto tanti aspetti, da trovarne, qui e lì traccia in numerose opere antiche, oltre, ovviamente, ad avere una sua bella compilation di leggende che ne spiegano la nascita.

Torno verso casa. Quella dove abito ora, chissà ancora per quanto. Ritrovo Orione alto sul tetto della casa del mio vicino. Stanotte ho voglia di fermarmi ancora qui fuori a contemplare il cielo. Perché questo insieme di stelle (che ovviamente non hanno alcuna relazione fra loro se non quella di formare un disegno per effetto della prospettiva in un’area relativamente scura) era così importante nell’antichità? Una ad una mi vengono in mente i passi di letteratura antica nei quali l’ho incrociato. Alcuni devo andarli a ricercare e a rianalizzarli scopro, anzi, riscopro almeno quattro motivi per cui questa e altre costellazioni avevano un’importanza pratica e immediata nella vita di tutti i giorni nel passato.


Il Mito

Come tutte le costellazioni classiche (Tolemaiche, per così dire), anche Orione doveva la sua origine ad un mito greco. Così che la storia fosse la spiegazione dell’origine della costellazione e, viceversa, alzare gli occhi al cielo fosse un continuo ripasso della mitologia. Orione era un gigantesco e bellissimo cacciatore che fu amato da Eos (dea dell’aurora). Successivamente si innamorò della moglie del patrigno Eropione e per questo motivo fu da questi accecato. Guarito da Helios (il sole) partì in cerca del patrigno e di vendetta sterimando, lungo il suo percorso tutti gli animali che incontrava. Leggermente infastidita da questo atteggiamento Artemide (o in alcune fonti Gea) gli inviò contro uno scorpione che lo uccise. Orione, scorpione e il cane del mitico cacciatore divennero costellazioni. Nell’Odissea troviamo menzione di questo mito al libro V,154 quando Calipso, lamentandosi delle sfighe in cui incorre una dea nell’amare un mortale (Ulisse) dice:


Che se una Dea con maritale amplesso

si congiunge a un mortal, voi non soffrite?

Quando la tinta di rosato Aurora

Orione rapì, voi, Dei,cui vita

facile scorre, acre livor mordea,

finché in Ortigia il rintracciò la casta

dal seggio aureo Diana, e d’improvvisa

morte il colpì con invisibil dardo”.




IL Simbolo

La funzione simbolica di questa costellazione è perfettamente esplicata da uno scudo. Per la società guerriera del passato lo scudo era la parte più visibile della persona, quella che doveva far immediatamente far vedere chi si aveva di fronte (ancora nel medioevo i simboli araldici erano sovente disegnati sullo scudo). In due diverse occasioni Orione viene citato come elemento decorativo di uno scudo. La prima volta nell’Iliade (XVIII, 670), quando Achille, in lutto inconsolabile per la morte dell’amico Patroclo e per il fatto che le sue armi fossero cadute in mano ai troiani viene prontamente soccorso dalla madre Teti che disturba addirittura il dio Vulcano per preparargliene delle nuove e ancora migliori (quando si dice l’importanza di essere raccomandato):


Cinque dell’ampio scudo eran le zone,

e gl’intervalli, con divin sapere,

d’ammiranda scultura avea ripieni.

Ivi ei fece la terra, il mare, il cielo

e il sole infaticabile, e la tonda

luna, e gli astri diversi onde sfavilla

incoronata la celeste volta,

e le Pleiadi, e l’Iadi, e la stella

d’Orion tempestosa, e la grand’Orsa

che pur Palustro si noma. Intorno al polo

ella si gira ed Orion riguarda,

dai lavacri del mar sola divisa”.


Riallacciandosi a questa descrizione, secoli dopo Ovidio nelle “Metamorfosi”, quando nel campo greco si litiga per chi debba prendersi le armi di Achille appena morto, fa dire a Ulisse, che ovviamente le vuole per sè: “Pensate voi che la cereula madre di Achille tanto abbia curato il figlio perché quest’armi, doni celesti, una così stupenda opera d’arte fossero un giorno prese ed indossate da un rozzo ed insensibile soldato ? Uno che non conosce le figure scolpite nel suo scudo, il vasto mare, la terra, il cielo con tutte le stelle, le Pleiadi, le Iadi con l’Orsa che mai scende nel mare, le città contrapposte, una in pace, l’altra in guerra e la spada magnifica di Orione […]”.


Il Calendario

Il tempo lineare è un’invenzione dell’uomo moderno, anticamente il tempo aveva una valenza ciclica con i momenti dell’anno scanditi dal perenne avvicendarsi delle stagioni, dai lavori agricoli, dalle partenze e dai ritorni di sole, astri, pianeti. Alzare gli occhi al cielo aveva una funzione essenziale per comprendere i cicli stagionali e annuali in una perenne ruota del tempo. Non c’erano calendari né agende; era il cielo a scandire i ritmi della vita. Ovviamente Orione, che scompare l’estate e riappare l’inverno era uno dei maggiori segni dell’avvicendarsi delle stagioni. Di questo ne troviamo tantissimi riferimenti in tante opere, ma probabilmente vale la pena di citare la più antica, Le opere e i giorni di Esiodo, vero e proprio vademecum di lavori stagionali dedicato al fratello del poeta, Perse, probabilmente nella speranza di fargli combinare qualcosa nella vita.

Appena Orione possente appare, ordina ai servi di battere bene la sacra spiga di Demetra in un luogo ben ventilato, nell’aia piana”.

Oppure

Quando Orione e Sirio giungono a mezzo del cielo e l’aurora dalle rosee dita vede Arturo, allora, O Perse, spicca e porta a casa tutti i grappoli: li terrai al sole per dieci giorni e per dieci notti, per cinque invece all’ombra; al sesto giorno poi porrai nei vasi i doni di Dioniso che dà molta gioia. Ma come tramontano le Pleiadi, le Iadi e Orione possente, ricordati allora che è ora di arare”.

E se per caso Perse volesse fare un giro in barca? Anche qui il buon Esiodo ha il consiglio giusto:

Se ti prende il desiderio della perigliosa navigazione, bada! Quando le Pleiadi fuggono nel tenebroso mare l’impeto del possente Orione, infuriano i soffi di tutti i venti”.



L’Orientamento

Il viaggio degli antichi fu sempre una grande avventura. Guidati da un senso dell’orientamento che noi possiamo solo rimpiangere e dal sole, dalle stelle e dai venti hanno compiuto traversate via terra e via mare. Muoversi nell’antichità era difficile e fattore essenziale era la conoscenza del territorio e , dove questo non si conosceva dei punti di riferimento universali. La conoscenza dei fenomeni naturali che rendono possibile l’orientamento dovrebbe essere recuperata, soprattutto da chi si muove in natura, che sia un escursionista o un appassionato di vela. Uno di questi punti di riferimento universali è sempre stato Orione. Tanto importante che nel libro V dell’Odissea (345 ss), Ulisse parte per la navigazione e Omero così la descrive:


Lieto l’eroe dell’innocente vento,

la vela dispiegò. Quindi al timone

sedendo, il corso dirigea con arte,

né gli cadea su le palpebre il sonno

mentre attento le Pleiadi mirava,

e il tardo a tramontar Boote e l’Orsa

che detta è pure il Carro, e là si gira,

guardando sempre in Orione, e sola

nel liquido Ocean sdegna lavarsi

l’Orsa, che Ulisse, navigando, a manca

lasciar dovea, come la diva ingiunse”.


Non solo orione era preziosa nella navigazione, ma anche nell’aviazione! In questo caso, però poteva essere fonte di distrazione. Quando nelle Metamorfosi Ovidio riprende la leggenda del primo tentativo di volo della storia, il famoso, tragico volo di Dedalo e Icaro, fa pronunciare queste parole a Dedalo rivolto al figlio: “Remeggia a mezza altezza, Icaro, ti prego, si che l’umidità non faccia crescere il peso delle tue penne se tu voli troppo basso e il calore non le bruci se voli troppo alto. Sta nel mezzo, fra l’uno e l’altro, e attento a non distrarti a guardare Boote, oppure Elice e la spada di Orione […]”.


Sono ancora qui fuori, Accendo un’altra sigaretta e penso quanto le stelle un tempo facessero parte della vita di tutti i giorni, ne scandissero mito, tempo e spazio. Quanto oggi ci siamo allontanati da quell’universo che vediamo solamente di sfuggita, se pure ci riusciamo. Abbiamo ceduto il nostro farne parte agli astronomi o a Elon Musk, che lo guarda come un lontano parco giochi. Eppure c’è stato un tempo nel quale le stelle e il gigantesco Orione tra queste erano così familiari e vicine a tutti gli uomini, molto più di quanto lo siano oggi che organizziamo spedizioni per varcare lo spazio e progettiamo modi per colonizzarlo.





venerdì 14 gennaio 2022

 




Tre facili ciaspolate sull'Altopiano di Asiago

Cade la neve, avete appena comprato le vostre nuove ciaspole e volete provarle ma non sapete dove andare? Ecco per voi tre facilissime escursioni adatte a tutti, ma non per questo meno divertenti! La cosa migliore è sempre andare con una guida, ma se proprio il giorno che avete libero non trovate proposte alla vostra portata ecco tre utili consigli per godere la neve sull’Altopiano di Asiago.


1) FORTE CAMPOLONGO DA RIFUGIO CAMPOLONGO

Bellissima e panoramica escursione che vi condurrà verso uno dei forti della I guerra mondiale più suggestivi e interessanti. La vista inizia ad aprirsi sulla Valdastico già durante il percorso, ma arrivati in cima rimarrete a bocca aperta! Il forte è stato restaurato di recente (libero accesso) e rappresenta un vero tuffo nel passato, anche grazie alle numerose tavole esplicative presenti dentro la struttura. La neve sarà la cornice ideale per questo spettacolare percorso. Accorgimento importante: per arrivare al forte si passa attraverso una galleria (breve e luminosa), il cui pavimento è spesso ghiacciato. Se togliete le ciaspole in quel tragitto (consigliato se non volete rovinarle), prestate particolare attenzione a non scivolare!

Il percorso inizia dal parcheggio del Rifugio Campolongo (a pagamento), si segue lo stradello battuto dai gestori accanto alla strada, fin quando non troverete il cartello che indica il forte verso destra. In 3 km sarete al forte. Rientro per la strada dell’andata.





2) SENTIERO NATURA VAL DI NOS











Una splendida area naturale sopra a Gallio. Dislivello praticamente nullo e tanto bosco in cui camminare. Lungo il percorso troverete diverse aree picnic dove fermarvi e nel frattempo ascoltare il silenzio del bosco innevato e cercare di riconoscere le tracce che gli animali selvatici hanno lasciato durante la notte. Questo percorso consente di fare un bell’anello sempre ottimamente tracciato e poco frequentato. Se siete veramente fortunati potrete ammirare qualche animale che si aggira nei boschi. Anche in questo caso troverete numerose tabelle esplicative che vi forniranno indicazioni su flora, fauna e sui lavori tradizionali boschivi. E’ una bella passeggiata adatta a tutti, ma soprattutto consigliata in compagnia di bambini, perché sarà un’esperienza divertente, ma allo stesso tempo molto istruttiva.

Il percorso si può iniziare dal parcheggio della Val Giardini, prendendo la strada in salita e proseguendo a destra al secondo tornante. L’anello è di circa 4 km e vale veramente la pena di essere provato!




3) IL BAITO BOSCON













Altra escursione di grande fascino. Qui ci si inoltra lungo una selvaggia valle immersa in un folto bosco di abeti. Silenzio e neve rendono il luogo magico e rilassante. Anche in questo caso il dislivello è praticamente inesistente. Frequentato da numerose specie animali non è raro incontrare tracce di capriolo, cervo, volpe. La valenza storica della valle è ben rappresentata dal Cimitero militare britannico che si incontra lungo il percorso. Un momento di raccoglimento qui (non di bivacco e braciate come purtroppo spesso si vede) e poi la marcia riparte addentrandosi sempre più in una natura sontuosa e meravigliosa. L’arrivo al baito nella radura costituisce sempre una forte emozione. Attenzione!!! da questo punto partono diversi sentieri, siate certi di riconoscere quello dal quale siete venuti prima di tornare indietro!!! Per il resto si tratta di una piacevole e rigenerante ciaspolata nella quale il bianco e il verde la faranno da padroni!