Orione e il mondo antico: il tempo e lo spazio
Per tutto il tempo che ho vissuto a casa con i miei uno dei ricordi più vividi nella mia memoria sono le fredde serate invernali passate fuori con gli amici. Ogni notte il rientro a casa era salutato, per tutto l’inverno, dalla presenza silenziosa, solida, enorme della costellazione di Orione, che mi attendeva proprio in cima alla salita del giardino. Per anni, immancabilmente ho alzato lo sguardo ogni notte per cercarlo. Quella fermezza e certezza aveva la capacità di placare il mio cuore scombussolato dal clamore giovanile. Non importa se avessi litigato con la ragazza, preso una fregatura da un amico, o bevuto troppo lui a fine serata era là, placido, immobile, saldo ad attendere il mio ritorno.
Anche se da quando sono andato via di casa Orione non mi attende più alla fine della salita, ho sempre continuato a cercarlo nel cielo ovunque mi trovassi. E stanotte non è diverso; cammino silenzioso nella fredda sera dell’Altopiano e lentamente, da dietro le scure colline alla mia destra inizia a fare capolino la sua mole imponente. In poco meno di un’ora è già visibile l’intera costellazione e spicca brillante dalla parte opposta del cielo del Grande Carro. E’ forse la costellazione più facile in assoluto da individuare durante le chiare serate invernali. E ho sempre trovato di grande conforto il pensiero che quel cielo, quelle stelle, quegli ammassi sono (più o meno) gli stessi che hanno guardato gli uomini di ogni tempo. La mia adolescenza e chissà quante altre adolescenze prima e dopo di me. Uno sguardo verso l’alto durato millenni. Ma mentre per i nostri contemporanei è una presenza quasi insignificante in un cielo pieno di stelle che spesso facciamo anche fatica a vedere, complice l’inquinamento luminoso, o al massimo un caso di studio scientifico per addetti e appassionati astrofili, nelle epoche remote (ma neanche poi così tanto), Orione è stato un protagonista assoluto delle vicende umane. Tanto importante, sotto tanti aspetti, da trovarne, qui e lì traccia in numerose opere antiche, oltre, ovviamente, ad avere una sua bella compilation di leggende che ne spiegano la nascita.
Torno verso casa. Quella dove abito ora, chissà ancora per quanto. Ritrovo Orione alto sul tetto della casa del mio vicino. Stanotte ho voglia di fermarmi ancora qui fuori a contemplare il cielo. Perché questo insieme di stelle (che ovviamente non hanno alcuna relazione fra loro se non quella di formare un disegno per effetto della prospettiva in un’area relativamente scura) era così importante nell’antichità? Una ad una mi vengono in mente i passi di letteratura antica nei quali l’ho incrociato. Alcuni devo andarli a ricercare e a rianalizzarli scopro, anzi, riscopro almeno quattro motivi per cui questa e altre costellazioni avevano un’importanza pratica e immediata nella vita di tutti i giorni nel passato.
Il Mito
Come tutte le costellazioni classiche (Tolemaiche, per così dire), anche Orione doveva la sua origine ad un mito greco. Così che la storia fosse la spiegazione dell’origine della costellazione e, viceversa, alzare gli occhi al cielo fosse un continuo ripasso della mitologia. Orione era un gigantesco e bellissimo cacciatore che fu amato da Eos (dea dell’aurora). Successivamente si innamorò della moglie del patrigno Eropione e per questo motivo fu da questi accecato. Guarito da Helios (il sole) partì in cerca del patrigno e di vendetta sterimando, lungo il suo percorso tutti gli animali che incontrava. Leggermente infastidita da questo atteggiamento Artemide (o in alcune fonti Gea) gli inviò contro uno scorpione che lo uccise. Orione, scorpione e il cane del mitico cacciatore divennero costellazioni. Nell’Odissea troviamo menzione di questo mito al libro V,154 quando Calipso, lamentandosi delle sfighe in cui incorre una dea nell’amare un mortale (Ulisse) dice:
“Che se una Dea con maritale amplesso
si congiunge a un mortal, voi non soffrite?
Quando la tinta di rosato Aurora
Orione rapì, voi, Dei,cui vita
facile scorre, acre livor mordea,
finché in Ortigia il rintracciò la casta
dal seggio aureo Diana, e d’improvvisa
morte il colpì con invisibil dardo”.
IL Simbolo
La funzione simbolica di questa costellazione è perfettamente esplicata da uno scudo. Per la società guerriera del passato lo scudo era la parte più visibile della persona, quella che doveva far immediatamente far vedere chi si aveva di fronte (ancora nel medioevo i simboli araldici erano sovente disegnati sullo scudo). In due diverse occasioni Orione viene citato come elemento decorativo di uno scudo. La prima volta nell’Iliade (XVIII, 670), quando Achille, in lutto inconsolabile per la morte dell’amico Patroclo e per il fatto che le sue armi fossero cadute in mano ai troiani viene prontamente soccorso dalla madre Teti che disturba addirittura il dio Vulcano per preparargliene delle nuove e ancora migliori (quando si dice l’importanza di essere raccomandato):
“Cinque dell’ampio scudo eran le zone,
e gl’intervalli, con divin sapere,
d’ammiranda scultura avea ripieni.
Ivi ei fece la terra, il mare, il cielo
e il sole infaticabile, e la tonda
luna, e gli astri diversi onde sfavilla
incoronata la celeste volta,
e le Pleiadi, e l’Iadi, e la stella
d’Orion tempestosa, e la grand’Orsa
che pur Palustro si noma. Intorno al polo
ella si gira ed Orion riguarda,
dai lavacri del mar sola divisa”.
Riallacciandosi a questa descrizione, secoli dopo Ovidio nelle “Metamorfosi”, quando nel campo greco si litiga per chi debba prendersi le armi di Achille appena morto, fa dire a Ulisse, che ovviamente le vuole per sè: “Pensate voi che la cereula madre di Achille tanto abbia curato il figlio perché quest’armi, doni celesti, una così stupenda opera d’arte fossero un giorno prese ed indossate da un rozzo ed insensibile soldato ? Uno che non conosce le figure scolpite nel suo scudo, il vasto mare, la terra, il cielo con tutte le stelle, le Pleiadi, le Iadi con l’Orsa che mai scende nel mare, le città contrapposte, una in pace, l’altra in guerra e la spada magnifica di Orione […]”.
Il Calendario
Il tempo lineare è un’invenzione dell’uomo moderno, anticamente il tempo aveva una valenza ciclica con i momenti dell’anno scanditi dal perenne avvicendarsi delle stagioni, dai lavori agricoli, dalle partenze e dai ritorni di sole, astri, pianeti. Alzare gli occhi al cielo aveva una funzione essenziale per comprendere i cicli stagionali e annuali in una perenne ruota del tempo. Non c’erano calendari né agende; era il cielo a scandire i ritmi della vita. Ovviamente Orione, che scompare l’estate e riappare l’inverno era uno dei maggiori segni dell’avvicendarsi delle stagioni. Di questo ne troviamo tantissimi riferimenti in tante opere, ma probabilmente vale la pena di citare la più antica, Le opere e i giorni di Esiodo, vero e proprio vademecum di lavori stagionali dedicato al fratello del poeta, Perse, probabilmente nella speranza di fargli combinare qualcosa nella vita.
“Appena Orione possente appare, ordina ai servi di battere bene la sacra spiga di Demetra in un luogo ben ventilato, nell’aia piana”.
Oppure
“ Quando Orione e Sirio giungono a mezzo del cielo e l’aurora dalle rosee dita vede Arturo, allora, O Perse, spicca e porta a casa tutti i grappoli: li terrai al sole per dieci giorni e per dieci notti, per cinque invece all’ombra; al sesto giorno poi porrai nei vasi i doni di Dioniso che dà molta gioia. Ma come tramontano le Pleiadi, le Iadi e Orione possente, ricordati allora che è ora di arare”.
E se per caso Perse volesse fare un giro in barca? Anche qui il buon Esiodo ha il consiglio giusto:
“Se ti prende il desiderio della perigliosa navigazione, bada! Quando le Pleiadi fuggono nel tenebroso mare l’impeto del possente Orione, infuriano i soffi di tutti i venti”.
L’Orientamento
Il viaggio degli antichi fu sempre una grande avventura. Guidati da un senso dell’orientamento che noi possiamo solo rimpiangere e dal sole, dalle stelle e dai venti hanno compiuto traversate via terra e via mare. Muoversi nell’antichità era difficile e fattore essenziale era la conoscenza del territorio e , dove questo non si conosceva dei punti di riferimento universali. La conoscenza dei fenomeni naturali che rendono possibile l’orientamento dovrebbe essere recuperata, soprattutto da chi si muove in natura, che sia un escursionista o un appassionato di vela. Uno di questi punti di riferimento universali è sempre stato Orione. Tanto importante che nel libro V dell’Odissea (345 ss), Ulisse parte per la navigazione e Omero così la descrive:
“Lieto l’eroe dell’innocente vento,
la vela dispiegò. Quindi al timone
sedendo, il corso dirigea con arte,
né gli cadea su le palpebre il sonno
mentre attento le Pleiadi mirava,
e il tardo a tramontar Boote e l’Orsa
che detta è pure il Carro, e là si gira,
guardando sempre in Orione, e sola
nel liquido Ocean sdegna lavarsi
l’Orsa, che Ulisse, navigando, a manca
lasciar dovea, come la diva ingiunse”.
Non solo orione era preziosa nella navigazione, ma anche nell’aviazione! In questo caso, però poteva essere fonte di distrazione. Quando nelle Metamorfosi Ovidio riprende la leggenda del primo tentativo di volo della storia, il famoso, tragico volo di Dedalo e Icaro, fa pronunciare queste parole a Dedalo rivolto al figlio: “Remeggia a mezza altezza, Icaro, ti prego, si che l’umidità non faccia crescere il peso delle tue penne se tu voli troppo basso e il calore non le bruci se voli troppo alto. Sta nel mezzo, fra l’uno e l’altro, e attento a non distrarti a guardare Boote, oppure Elice e la spada di Orione […]”.
Sono ancora qui fuori, Accendo un’altra sigaretta e penso quanto le stelle un tempo facessero parte della vita di tutti i giorni, ne scandissero mito, tempo e spazio. Quanto oggi ci siamo allontanati da quell’universo che vediamo solamente di sfuggita, se pure ci riusciamo. Abbiamo ceduto il nostro farne parte agli astronomi o a Elon Musk, che lo guarda come un lontano parco giochi. Eppure c’è stato un tempo nel quale le stelle e il gigantesco Orione tra queste erano così familiari e vicine a tutti gli uomini, molto più di quanto lo siano oggi che organizziamo spedizioni per varcare lo spazio e progettiamo modi per colonizzarlo.
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