domenica 1 marzo 2020








LE ANTICHE FESTE DEL FUOCO NEL LAZIO



In fondo, a ben guardare, anche nell’epoca di facebook e del tablet rimaniamo pur sempre esseri usciti da un passato ancestrale e oscuro, fatto di paura e credenze. Epoche in cui intensi bagliori illuminavano la tersa e temperata notte tra i monti. Ancora oggi questa non è una notte qualsiasi, tra le alture fuochi accesi nelle le antiche contrade allungano ombre danzanti, uno spettacolo che dall’alto farebbe un’impressione incredibile, probabilmente. Tra i canti e i balli, tra il vino e le risate, inconsapevolmente si perpetra un rito che da millenni si associa alla nostra terra.
Si tratta delle feste del fuoco, ossia di quelle particolari celebrazioni popolari che prevedono l’accensione di falò e fuochi. Ecco che il fuoco, acceso durante la notte splendente di bagliori che rimbalzavano tra le creste montuose dagli abitati vicini, aveva un potere propiziatorio, quando non miracoloso, di purificare i campi, di tenere lontane le streghe, di portare salute a gli uomini e alle  bestie. Oggi che la eco di queste magie non ci sfiora più la conservazione di tali tradizioni rimane essenziale come momento di aggregazione delle nostre comunità, come memoria storica di un passato che ci appartiene come noi apparteniamo a lui. Ma va evidenziato un livello ancora più profondo, perché questi fuochi e queste feste ci fanno tornare indietro ben prima del cristianesimo, e ben al di là dei nostri monti, una rete di fuochi che in queste notti è acceso da millenni in tutta Italia e tutta Europa, che ci stringe in una omogeneità di tradizione spaziotemporale che Frazer ha avuto modo di mettere in luce in modo evidente nel Il ramo d’oro: “ Fin dalla notte dei tempi, in certi giorni dell’anno i contadini di tutta Europa usavano accendere dei falò, per poi danzarci intorno o saltarci sopra. Fonti storiche riferiscono la presenza di queste usanze anche nel Medioevo: e la loro analogia con quelle dell’antichità è una dimostrazione intrinseca del fatto che, per rintracciarne le origini, occorre risalire a epoche di gran lunga anteriori alla diffusione del Cristianesimo. Anzi, la prova più antica della loro esistenza nell’Europa settentrionale ci viene proprio dai tentativi dei sinodi cristiani, nell’VIII secolo, di abolirle come retaggi del paganesimo”. Gli esempi che lo scrittore riporta sono innumerevoli e tutti estremamente simili tra loro per date e tipologie, tanto da escludere completamente ogni sospetto di coincidenze, dalle Ardenne alla Germania, dall’Irlanda alla Francia, Spagna e Italia comprese.
A questa tipologia di festa appartengono, soprattutto e ben vive nelle nostre zone momenti come  la notte di S. Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno o solstizio d’estate. A Segni si accendono le Calecare, ma i falò, con nomi diversi e diverse modalità vengono alimentati un po’ ovunque. Intorno al 19 marzo si accendono invece i fuochi di S. Giuseppe, in numerosissimi centri, con nomi diversi: a Itri si svolge una festa veramente importante per la comunità, i cui preparativi iniziano tempo prima della data del falò, mentre analoghe immagini possiamo trovare a  Priverno (Gonfalone dei favoni), a Sermoneta (festa dei fauni), a Roccasecca dei Volsci (Faone di San Giuseppe), ma sicuramente ogni lettore aggiungerà mentalmente un elemento alla lista. Le foto stesse qui riportate appartengono alla Festa delle Stuzze di Fiuggi, durante la quale, al grido di “Viva S. Biagio” si innalza e si arde un immenso falò. Non è difficile comprenderne e rintracciarne l’origine contadina, l’antichità, che basterebbe da sola a rendere questo tipo di manifestazioni un bene da difendere. Nelle nostre terre il tempo ha trasformato molte cose, a volte distrutto molte altre e la memoria storica di ciò che eravamo che in questi fuochi risplende, tende a sbiadirsi; in questo senso lo spettacolo dei falò è secondario rispetto alla conoscenza di ciò che essi rappresentano. Non è un caso che nell’area pontina queste tradizioni siano rimaste particolarmente vive, considerando il relativo isolamento cui le paludi hanno costretto le comunità più antiche. Ancora una volta una spiegazione univoca dei fenomeni in questione e di questa tipologia diviene sempre rischiosa, quel che è certo è che le due principali teorie, che si rifanno già ad inizio del secolo scorso, sono quella solare e quella purificatoria. Nella prima si tende a vedere un tentativo di ausilio che si dava al sole, per sostentarlo nel suo naturale corso.
 A questo ancestrale scopo si è unito quello purificatore (che successivamente si è specializzato nella protezione e purificazione contro la stregoneria). Un tempo, quando veramente gli abitanti dei monti vivevano dei pochi frutti della terra e un’annata storta poteva significare la fame, la malattia degli animali una rovina, in queste occasioni si univano la fede popolare, le credenze magiche, un momento di svago che ci si concedeva dal lavoro quotidiano. Le donne saltavano sul fuoco per avere figli, gli animali vi erano fatti passare attraverso per proteggerli da morte e malattie, gli uomini si avvicendavano intorno alle fiamme al fine di ottenere buone annate. Oggi che queste tradizioni si vanno pian piano spegnendo e sembrano veramente non avere più alcun senso agli occhi di uomini abituati all’abbondanza ed alle prese con paure decisamente diverse rispetto a quelle delle streghe, appare  veramente singolare questo strano attaccamento a perpetrare nel tempo tali  insensate tradizioni. E se la risposta fosse dovuta al fatto che queste antichissime tradizioni fanno parte di noi molto più di quanto non immaginiamo? Questo retaggio vecchio di secoli fa parte di noi stessi da così tanto tempo che magari giace sepolto sotto strati di esperienze, eppure, come la brace rimane vivo in noi. Non solo, ecco che la diffusione del Cristianesimo, insieme agli ancestrali e comuni elementi dell’umanità hanno dato un volto per alcuni versi incredibilmente comune alla penisola italiana ed in misura minore anche al continente europeo. La conoscenza, lo studio e la continuazione di questi avvenimenti del folklore popolare delle nostre terre ha la sua valenza, oltre che in se, anche perché ci consente di possedere gli strumenti per interpretare realtà molto diverse, in molti casi più simili di ciò che pensiamo.
Realtà che avvicinano le tradizioni di paesi diversi, ma che nello stesso tempo avvicinano anche tradizioni di tempi lontani e ci donano una squarcio di luce nel buio del nostro passato millenario. Ancora oggi portare avanti queste tradizioni significa gettare uno sguardo, furtivo, sfocato e deformato, ma sostanzialmente incredibilmente avvincente indietro nei secoli.

Nessun commento:

Posta un commento