LE ANTICHE FESTE DEL FUOCO NEL LAZIO
In fondo, a ben guardare, anche
nell’epoca di facebook e del tablet rimaniamo pur sempre esseri usciti da un
passato ancestrale e oscuro, fatto di paura e credenze. Epoche in cui intensi
bagliori illuminavano la tersa e temperata notte tra i monti. Ancora oggi
questa non è una notte qualsiasi, tra le alture fuochi accesi nelle le antiche
contrade allungano ombre danzanti, uno spettacolo che dall’alto farebbe
un’impressione incredibile, probabilmente. Tra i canti e i balli, tra il vino e
le risate, inconsapevolmente si perpetra un rito che da millenni si associa
alla nostra terra.
Si tratta delle feste del fuoco,
ossia di quelle particolari celebrazioni popolari che prevedono l’accensione di
falò e fuochi. Ecco che il fuoco, acceso durante la notte splendente di
bagliori che rimbalzavano tra le creste montuose dagli abitati vicini, aveva un
potere propiziatorio, quando non miracoloso, di purificare i campi, di tenere
lontane le streghe, di portare salute a gli uomini e alle bestie. Oggi che la eco di queste magie non
ci sfiora più la conservazione di tali tradizioni rimane essenziale come
momento di aggregazione delle nostre comunità, come memoria storica di un
passato che ci appartiene come noi apparteniamo a lui. Ma va evidenziato un
livello ancora più profondo, perché questi fuochi e queste feste ci fanno
tornare indietro ben prima del cristianesimo, e ben al di là dei nostri monti,
una rete di fuochi che in queste notti è acceso da millenni in tutta Italia e
tutta Europa, che ci stringe in una omogeneità di tradizione spaziotemporale
che Frazer ha avuto modo di mettere in luce in modo evidente nel Il ramo d’oro: “ Fin dalla notte dei
tempi, in certi giorni dell’anno i contadini di tutta Europa usavano accendere
dei falò, per poi danzarci intorno o saltarci sopra. Fonti storiche riferiscono
la presenza di queste usanze anche nel Medioevo: e la loro analogia con quelle
dell’antichità è una dimostrazione intrinseca del fatto che, per rintracciarne
le origini, occorre risalire a epoche di gran lunga anteriori alla diffusione
del Cristianesimo. Anzi, la prova più antica della loro esistenza nell’Europa
settentrionale ci viene proprio dai tentativi dei sinodi cristiani, nell’VIII
secolo, di abolirle come retaggi del paganesimo”. Gli esempi che lo scrittore
riporta sono innumerevoli e tutti estremamente simili tra loro per date e
tipologie, tanto da escludere completamente ogni sospetto di coincidenze, dalle
Ardenne alla Germania, dall’Irlanda alla Francia, Spagna e Italia comprese.
A questa tipologia di festa
appartengono, soprattutto e ben vive nelle nostre zone momenti come la notte di S. Giovanni, tra il 23 e il 24
giugno o solstizio d’estate. A Segni si accendono le Calecare, ma i falò, con
nomi diversi e diverse modalità vengono alimentati un po’ ovunque. Intorno al
19 marzo si accendono invece i fuochi di S. Giuseppe, in numerosissimi centri,
con nomi diversi: a Itri si svolge una festa veramente importante per la
comunità, i cui preparativi iniziano tempo prima della data del falò, mentre
analoghe immagini possiamo trovare a
Priverno (Gonfalone dei favoni), a Sermoneta (festa dei fauni), a
Roccasecca dei Volsci (Faone di San Giuseppe), ma sicuramente ogni lettore
aggiungerà mentalmente un elemento alla lista. Le foto stesse qui riportate
appartengono alla Festa delle Stuzze di Fiuggi, durante la quale, al grido di “Viva
S. Biagio” si innalza e si arde un immenso falò. Non è difficile comprenderne e
rintracciarne l’origine contadina, l’antichità, che basterebbe da sola a rendere
questo tipo di manifestazioni un bene da difendere. Nelle nostre terre il tempo
ha trasformato molte cose, a volte distrutto molte altre e la memoria storica
di ciò che eravamo che in questi fuochi risplende, tende a sbiadirsi; in questo
senso lo spettacolo dei falò è secondario rispetto alla conoscenza di ciò che
essi rappresentano. Non è un caso che nell’area pontina queste tradizioni siano
rimaste particolarmente vive, considerando il relativo isolamento cui le paludi
hanno costretto le comunità più antiche. Ancora una volta una spiegazione
univoca dei fenomeni in questione e di questa tipologia diviene sempre
rischiosa, quel che è certo è che le due principali teorie, che si rifanno già
ad inizio del secolo scorso, sono quella solare e quella purificatoria. Nella
prima si tende a vedere un tentativo di ausilio che si dava al sole, per
sostentarlo nel suo naturale corso.
A questo ancestrale scopo si è unito quello
purificatore (che successivamente si è specializzato nella protezione e
purificazione contro la stregoneria). Un tempo, quando veramente gli abitanti
dei monti vivevano dei pochi frutti della terra e un’annata storta poteva
significare la fame, la malattia degli animali una rovina, in queste occasioni
si univano la fede popolare, le credenze magiche, un momento di svago che ci si
concedeva dal lavoro quotidiano. Le donne saltavano sul fuoco per avere figli,
gli animali vi erano fatti passare attraverso per proteggerli da morte e
malattie, gli uomini si avvicendavano intorno alle fiamme al fine di ottenere
buone annate. Oggi che queste tradizioni si vanno pian piano spegnendo e
sembrano veramente non avere più alcun senso agli occhi di uomini abituati
all’abbondanza ed alle prese con paure decisamente diverse rispetto a quelle
delle streghe, appare veramente
singolare questo strano attaccamento a perpetrare nel tempo tali insensate tradizioni. E se la risposta fosse
dovuta al fatto che queste antichissime tradizioni fanno parte di noi molto più
di quanto non immaginiamo? Questo retaggio vecchio di secoli fa parte di noi
stessi da così tanto tempo che magari giace sepolto sotto strati di esperienze,
eppure, come la brace rimane vivo in noi. Non solo, ecco che la diffusione del
Cristianesimo, insieme agli ancestrali e comuni elementi dell’umanità hanno
dato un volto per alcuni versi incredibilmente comune alla penisola italiana ed
in misura minore anche al continente europeo. La conoscenza, lo studio e la
continuazione di questi avvenimenti del folklore popolare delle nostre terre ha
la sua valenza, oltre che in se, anche perché ci consente di possedere gli
strumenti per interpretare realtà molto diverse, in molti casi più simili di
ciò che pensiamo.
Realtà che avvicinano le tradizioni
di paesi diversi, ma che nello stesso tempo avvicinano anche tradizioni di
tempi lontani e ci donano una squarcio di luce nel buio del nostro passato
millenario. Ancora oggi portare avanti queste tradizioni significa gettare uno
sguardo, furtivo, sfocato e deformato, ma sostanzialmente incredibilmente
avvincente indietro nei secoli.
Nessun commento:
Posta un commento