Perché i centauri ci ricordano che siamo bestie
(Pelio, Grecia)
La penisola del Pelio è un luogo
poco conosciuto al turismo internazionale, ma è forse uno dei più affascinanti
di tutta la Grecia. Un promontorio che si sporge nel mare coperto da foreste lussureggianti
attraversate da sentieri che spesso portano a spiagge isolate dalla sabbia fine
e dalle acque calde e cristalline. Sulle coste qualche località balneare e
nell’entroterra sperduti villaggi montani poco popolati antichi quanto l’uomo. Ed è proprio mentre mi
aggiravo senza meta per uno di questi villaggi chiamato Milies, che mi imbatto
nel tipico cartello a forma di freccia che indica un sentiero, il segnale
indica solennemente: Grotta del Centauro Chirone. Non avevo in programma
escursioni, ma come si fa a resistere ad un richiamo del genere? Imbocco il
sentiero che piano piano scende dal centro abitato verso le campagne,
costeggiando una buona parte del villaggio ormai spopolata e con edifici in
rovina. Improvvisamente mi ricordo di aver letto che nella mitologia il Pelio
era famoso proprio perché qui vivevano i Centauri. Tutti ricordiamo dalle
scuole che questi esseri particolari erano metà uomini e metà cavalli, ma a parte questo? In realtà le loro gesta più
famose son abbastanza poco edificanti. Erano considerati esseri selvaggi e
violenti, poco abituati al rispetto delle regole civili e di conseguenza
pericolosi. La loro bravata maggiore ha un peso abbastanza importante nella
mitologia tanto da meritare il nome di centauromachia
(battaglia dei Centauri) e inizia con una sbronza. Il buon re Piritoo (umano)
organizza le sue nozze con la fidanzata Ippodamia e decide di invitare, oltre a
parecchi eroi greci festaioli, anche i Centauri, che iniziano immediatamente a
bere in maniera spropositata. Uno di questi, Eurito che evidentemente aveva la
dote comune a molti di diventare molesto quando si ubriaca, pensa bene di
offendere il padrone di casa e tentare di violentare la sposina. Gli umani (che
immaginiamo altrettanto alticci) non la prendono bene ed inizia una rissa (i
matrimoni si rovinavano anche allora), che degenera in breve in una vera e
propria battaglia armi in mano. Alla fine gli uomini ebbero la meglio e i
Centauri furono costretti ad abbandonare la Tessaglia (v. anche Ovidio, Metamorfosi XII, 210 ss). Ovidio, sulla
scia di Omero, di questi simpatici guastafeste ricorda solamente il nome di
Eurito, mentre in una composizione attribuita tradizionalmente a Esiodo, Lo scudo di Eracle, si fa menzione anche
ad altri compari del suddetto: Petreo (che significa rupestre), Asbolo
(Fuliggine), Arcto (Orso), Urio (Montano) , Mimante, Perimede, Drialo
(Quercia).
E’ ottobre, il sentiero attraversa
boschi con incredibili accoppiamenti di frutti,
castagne accanto a fichi. Poi prosegue a lungo fino al mare, ma una
deviazione indica che sono quasi arrivato. La grotta è un’apertura larga e
bassa, attraverso la quale si accede ad un’ampia cavità fresca e ombrosa
composta da un unico locale. Al centro di questa qualche devoto ad antichi
culti ha posizionato una grande spirale di sassi con al centro fiori ormai
secchi. Sembra più un’istallazione di Land Art, ma rimanendo qualche minuto in
silenzio al suo interno ne percepisco appieno la sacralità ed un rispetto tanto
antico quanto profondo. Così la tradizione vuole che qui abitasse Chirone.
Bene, se abbiamo detto che i centauri erano violenti ed insolenti, lui
rappresenta l’eccezione. Figlio di Crono, era famoso per la grandissima
saggezza, nonché per essere buon amico degli uomini (soprattutto di Peleo). La
sua gloria imperitura è dovuta al fatto che la tradizione lo vuole maestro di
innumerevoli eroi greci (Achille, Giasone, Asclepio, sembra abbia insegnato
addirittura a suonare ad Apollo). Profondo conoscitore della medicina, delle
erbe, della guerra e di molte altre materie utilissime a qualunque eroe
guerriero o semidio che si rispettasse a quei tempi, fu sostanzialmente nella
mitologia greca per tutti i ragazzi che volevano affrontare grandi imprese ciò
che Yoda è stato per Luke Skywalker in Guerre Stellari.
Mentre rimango sospeso nel tempo
all’interno di un luogo magico che tempo non ha, un pensiero si fa largo nella
mente. Questi esseri mitologici, metà uomo e metà bestia, col loro carattere
violento e libidinoso ci ricordano perfettamente il dualismo dell’uomo,
l’animale che ineluttabilmente e a dispetto di tutti gli sforzi che facciamo
alberga dentro di noi. Sotto questo aspetto i nostri centauri possono essere
assimilati al dio Pan, metà uomo e metà caprone, che col suo demoniaco aspetto
era tanto prezioso (anche lui aveva insegnato agli uomini la musica e
proteggeva greggi e armenti, oltre ad avere una grande importanza nel culto
della fertilità), quanto terribile (anche lui parecchio libidinoso e in grado
di emettere urla talmente spaventose da ingenerare nell’uomo il terror panico,
che dal suo nome deriva). Forse gli stessi centauri furono anticamente
divinità, al pari di Pan, poi declassate ad esseri mitologici. Forse anche la
loro dualità buoni/violenti fu sdoppiata lasciando ai centauri in generale la
violenza e alla figura di Chirone il compito di rappresentare la saggezza e
l’amicizia nei confronti del genere umano. A ben guardare queste figure
simboleggiano perfettamente anche la Natura in se stessa, da cui gli uomini
hanno tanto da imparare, ma che può essere al tempo stesso violenta e
terribile. Lo sono le montagne che saliamo, lo sono i mari che navighiamo, lo
sono i boschi che attraversiamo. Non ne possiamo fare a meno e ne percepiamo
profondamente gli insegnamenti e la saggezza che donano, eppure sono luoghi da
trattare con rispetto e timore, perché in grado di divenire profondamente
ostili. Ecco che in un tempo in cui l’uomo stava costruendo appena la sua
illusoria sicurezza nella civiltà, nel rassicurante cerchio del villaggio
questi esseri erano lì a ricordarci cos’eravamo noi prima di tutto questo,
creatori e violenti, profetici e spaventosi, proprio come lo è la natura che ci
ha generato, ricca di doni, di conoscenza e terribile. Queste figure sono li a
ricordarci che l’ambiente non è mai stato e non sarà mai il nostro giardino e
che noi non siamo e non saremo mai diversi dalla natura, per quanto ci
sforziamo di sopire e nascondere il nostro lato oscuro e bestiale. Per quanto
cerchiamo di addomesticare la natura e renderla innocua agirà sempre attraverso
una creazione che passa per esplosione di energia libera e incontenibile, a
volte spietata e violenta. Un dualismo che diventa parte di noi e del nostro
rapporto con ciò che ci circonda e che forse dovremmo recuperare, almeno in
parte per ricordarci chi siamo e da dove veniamo, magari iniziando a interagire
con l’ambiente con un maggior rispetto e minore arroganza.
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